domenica 20 luglio 2008

Incertezze

La frattura fa male.
Il possibile, la sfumatura, il non certo, l'incerto, la domanda aperta sono aree difficili da affrontare, da vivere.
E' meglio prodursi delle certezze solide e indistruttibili? E' meglio vivere l'illusione, o la menzogna? Solidità prefabbricate, strade diritte e sicure, etiche tracciate e garantite, nessuna deviazione, nessun errore. Una coerenza all'essere sociale, l'appiattimento orizzontale sul "normale", il già prodotto, vissuto.
Forse per questo "il sangue dei padri ricade sui figli", non si riesce a uscire dal loop generazionale, ricadiamo sempre negli stessi errori. E vizi. E noie usate ma così confortevoli e comode.
In quest'ottica è necessario vivere un'estetica della ricerca. L'esperienza di un quotidiano che non arriva necessariamente alla sera con una parabola continua, ma un presente spezzettato di piccole rivoluzioni, per ritracciare un presente continuo e costruire una verticalità pulsante e viva. L'individualità, così, non è più una monade chiusa all'esterno, ma diviene dialogo costante con il circondario, l'ambiente tridimensionale in cui è immersa, comunione nella differenza di impressioni, comunicazione del processo di scambio e cambiamento continuo attraverso l'interazione con altre soggettività.
Spezzare il cerchio. Uscire dal tracciato. Osare lo sconosciuto.
E perdersi per questo. Nell'invisibile degli altri. Nessuno ci puo' vedere. Solitudine e pienezza dell'esplorazione.
Addormentarsi esausti di nuove visioni.
Si può sopportare questa tensione? Si può vivere così? Si può "creare" o apprezzare le creature spontanee che si incontrano appena al di là del già visto?
Il coraggio di soffrire le proprie scelte. Il coraggio di essere fuori dalla generazione "customer care".
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