Le giornate cominciano a diventare sempre più fresche. Sospetto che la notte geli anche, le piante sul balcone sono già ritirate in cucina... Nei viali è un piacere passeggiare ed ascoltare il crocchiare delle foglie secche sotto i piedi. Qui, l'autunno è quasi una liturgia: la gente si prepara, controlla l'isolamento delle finestre, dei tetti, delle porte, nelle case vecchie si raddoppiano i vetri con pannelli di cellophan transparente fatti apposta per l'uso. Io ho solo cambiato la trapuntina nel mio letto, spolverato gli scarponcini da neve e tengo un occhio alle vetrine per vedere se sarà quest'anno che il vecchio giubbone di pelle sdruscita andrà in pensione, rimpiazzato da qualcosa di più moderno e caldo. Ma quello che è più deprimente, non è il rigore dell'inverno, ma il progressivo declinare della luce. Novembre è il peggio: la notte arriva presto e l'alba sembra sempre un po' in ritardo, un'oscurità che ottunde, che rintuzza le idee di sortita. Rimpiango un po' i viaggi ai Caraibi, al sole dei tropici, sulla sabbia rossa e nelle lagune verde smeraldo, viaggi che erano abbinati al lavoro passato: erano una scarica di sole, di energia, di luce, di buon rhum e l'allegria di andare in ufficio in camicia, con il costume nella sacca colorata da spiaggia nel portabagagli dell'auto a nolo, per l'uscita alle 16.
Tempi passati, mi tocca scopare le foglie gialle dalla scala d'ingresso del mio appartamento, attività sociale da comare di quartiere.
Yeah!