venerdì 16 dicembre 2011

Scacchi

Non è vero che gli ingegneri giocano meglio a scacchi dei comuni mortali. Dalla mia esperienza è uno stato di essere: gli psicologi giocano male, gli architetti un poco meglio, ma sono confusionari, gli ingegneri pensano di prevedere la fine, ma si dimenticano delle fondamenta...
Non ho abbastanza esperienza per dare una valutazione completa sui musicisti, ma mi sorprendono talvolta. Non che io sia un teorico e abbia letto i manuali dei campioni, ma gioco regolare, provando combinazioni differenti, impostando il mio gioco per una partita che si chiuda ai pedoni, o con un cavallo di vantaggio - pezzo irrequieto, senza grandi pretese, ma che da sempre fastidio. Un geologo - un tempo - mi ha sempre costantemente battuto, ma non so se perchè bevevo molto più di lui o se per vera capacità.
Si pensa che gli scacchi siano la matrice principe della logicità, del puro raziocinio. Per quello che mi concerne, non è affatto vero. Gli scacchi risentono dell'ambiente in cui si gioca, del tempo, della fretta, è una cartina al tornasole del proprio stato d'animo, una terapia, una mano di taroccchi, una pausa di riflessione intima del proprio stato d'essere.
Trovo difficile trovare dei buoni avversari di scacchi, regolari, per trovarsi la domenica pomeriggio, scambiare due chiacchiere e bersi un the, o un paio di birre. Trovo sempre l'enfasi della competizione, del superamento, della dimostrazione di personalità. Lo ammetto, non sono particolarmente competitivo, preferisco l'ambivalenza e la complementarietà, avrò letto troppo giovane libri sbagliati...
Un'immagine mi torna in mente: Tiblisi, e i suoi parchi, e i vecchi che giocavano assorti, fumando sigarette, in silenzio, con uno sguardo al passante, alla strada, al mondo intorno a loro...
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