giovedì 28 luglio 2011

34 ovest

7.03. Arriva l'autobus del mattino, che mi porta verso una nuova giornata. Ormai ci ho fatto l'abitudine: l'autista è un signore brizzolato, magro, che saluta mentre controlla che la tessera dell'abbonamento faccia il giusto bip sul rilevatore elettronica. Marchiamo presenza. Anche questa mattina. 
La popolazione che trovo all'interno è varia e silenziosa: c'è la signora dai capelli radi e permanente, con un filo di perle al collo e le pieghe della vecchiaia che iniziano a farle cascare il mento, un signore corpulento con un braccio al collo che puzza già di sudore e un lontano sentore di alchool e infatti ha delle macchie sospette, ormai asciutte, sulla pancia prominente, c'è una bionda dallo sguardo assente, in piedi, che si tocca i capelli dietro gli auricolari nelle orecchie, che trovo misteriosa e lontana, nel suo mondo. Mi siedo vicino alla porta posteriore, la mia sacca con dentro il pranzo sulle ginocchia e anch'io ascolto musica, vecchi brani italiani anni '70 e '80, qualche brano trip hop, un po' di Armstrong e Nancy Sinatra, musica araba e balcanica dal carattere fusion. Sbircio la copertina del tipo di fianco a me: sta leggendo Gogol, il titolo mi sfugge nella traduzione inglese. C'è molta gente che legge sui bus del primo mattino: una delle scorse settimane sono rimasto commosso a vedere una signorina nervosa dai capelli corti che leggeva il "Diario di Anna Frank" e sorpreso a spiare un uomo dalla capigliatura arruffata intrattenersi con "L'origine delle specie" di Darwin. Mi viene in mente una vecchia trasmissione di Radio 3, dove si indagava sulle letture nei luoghi pubblici: anche loro sarebbero sorpresi a constatare le letture dellla 34 ovest del mattino....
Una decina di minuti e arriviamo alla stazione della metropolitana. Mentre camminiamo verso l'entrata, in silenzio e più o meno in fila, molte donne si danno l'ultima occhiata nelle vetrate a specchio. La tipa bionda di prima ha decisamente un'aria intrigante e un gran paio di gambe, ma se ne va in un'altra direzione ed io sto già scuotendo le mani per non farmi rifilare il giornale gratuito all'entrata delle scale mobili. 
Nelle orecchie, Ray Manzarek ripete tra il trambusto della fretta mattutina uno dei suoi assoli migliori alla tastiera:
"Riders on the storm
Into this house we're born
Into this world we're thrown
Like a dog without a bone
An actor out alone..."

lunedì 18 luglio 2011

Limiti II

Senza dubbio il limite mi affascina. La consapevolezza di essere coscienti dell'esatto istante e meccanismo che porta una realtà ad essere altro, il bordo del tempo, dello spazio, dell'essere dal non essere più... A guardare bene, c'è una continuità armonica di contrazione ed espansione, una sottile zona grigia dove qualche cosa arriva e diviene, non è più, compenetra ed espelle già il qualcos'altro, una sintesi di rigetto, dove al posto di essere con, si diviene essere altro. Me ne rendo conto, si sconfina (!) nell'ontologico su questa via, un percorso sdrucciolevole di questi tempi, dove il digitale - per intenderci il linguaggio binario 0, 1 - è diventato una bella scusa per tagliare il nodo gordiano dell'ambivalenza, dell'essere non ancora e l'essere di già...
Le albe e i crepuscoli del nord, che si protraggono esageratamente e non è mai subito sera, le notti agitate dal lento roteare delle costellazioni, le maree che sono e non sono già più, gli affetti che si tramutano in passioni per sgretolarsi in indifferenza, la bottiglia che sempre si svuota per quanto piccolo il bicchiere tu decida di utilizzare....
"Una valanga, una frana, un'eruzione non è che un nuovo equilibrio che si forma, una nuova stasi", così mi raccontava un vecchio saggio conoscitore delle montagne e della geologia, che dagli anni '60 mappava con carotaggi regolari tutta la catena delle Alpi e quindi di queste cose ne sapeva da vendere, eppure non c'è che la gravità, che porta tutto in basso e livella. C'è stato un tempo di forze inimmaginabili, inumane per i nostri orizzonti fragili, dove le ossa della terra si sono tese ed anno sfidato le altezze, i vertici, i limiti. E forse già alla prossima alba, al limite della notte - per dirla insieme a Celine e al suo titolo così meraviglioso - che il limite si contrae e si lacera, per ricomporsi al prossimo crepuscolo.
Nel quartiere, una sirena della polizia lampeggia, tra le chiostre di buio delle finestre del vicinato, c'è una luce accesa, qualcuno veglia.... o ha semplicemente una brutta sbornia. E non è che lunedì...

sabato 16 luglio 2011

Intermezzo II

- Siediti, Stirkoff.
- grazie , signore.
- distendi pure le gambe.
- molto gentile da parte sua, signore.
- Stirkoff, mi hanno informato che hai scritto articoli sulla giustizia, sull'eguaglianza; anche sul diritto alla gioia e alla sopravvivenza. Stirkoff?
- sissignore.
- pensi che ci sarà mai una giustizia totale e ragionevole sulla terra?
- non esattamente, signore.
- ma allora perchè scrivi quelle stronzate? sei forse malato?
- mi sento strano da un po' di tempo a questa parte, signore, come se stessi per impazzire.
- bevi molto, Stirkoff?
- naturalmente, signore.
- e fai cosaccine da solo?
- di continuo, signore.
- come?
- non capisco, signore.
- cioè, com'è che te le fai?
- quattro o cinque uova e mezzo chilo di carne trita in un vaso di fiori col collo stretto mentre ascolto Vaughn Williams o Darius Milhaud.
- di vetro?
- no, di dietro, signore.
- volevo dire, il vaso è di vetro?
- naturalmente no, signore.
- ti sei mai sposato?
- molte volte, signore.
- siediti, Stirkoff.
- grazie, signore.
- Cos'è che non ha funzionato?
- tutto, signore.
- qual è stato il più bel pezzo di fica che tu abbia mai avuto?
- quattro o cinque uova e mezzo chilo di carne trita in un...
- d'accordo, d'accordo!
- sissignore.
- ma capisci che il tuo desiderio di giustizia e di un mondo migliore è solo una scusa per nascondere la decadenza, la vergogna, e il fallimento che sono dentro di te?
- eggià.
- tuo padre era cattivo?
- non so, signore.
- cosa vuol dire non so?
- voglio dire che è difficile fare paragoni. vede, di padre ne ho avuto uno solo.
- stai cercando di fare il furbo con me, Stirkoff?
- oh, no, signore: come lei dice la giustizia è impossibile.
- ti picchiava tuo padre?
- facevano i turni.
- pensavo che avessi avuto un solo padre.
- come tutti, volevo dire che s'alternava con mia madre.
- ti voleva bene tua madre?
- ero solo un prolungamento della sua persona.
- che altro può essere l'amore?
il luogo comune secondo cui si ha grande cura di una cosa molto buona. non è necessariamente legato alla consanguineità. può essere un palloncino rosso o un toast imburrato.
- vuoi dire che potresti amare un toast imburrato?
- solo pochi, signore. in certe mattine particolari. sotto certi raggi del sole. l'amore arriva e scompare senza preavviso.
- è possibile amare un essere umano?
- naturalmente, soprattutto se non lo si conosce troppo bene. mi piace guardare la gente da dietro la finestra, quando cammina per strada.
- sei un vigliacco, Stirkoff.
- naturalmente, signore.
- qual è la tua definizione di vigliacco?
- un uomo che ci penserebbe su due volte prima di lottare contro un leone solo con le mani.
- e come definiresti il coraggioso?
- un uomo che non sa cos'è un leone. ogni uomo crede di saperlo.
- e come definisci lo stupido?
- un uomo che non arriva a capire che Tempo, Struttura e Carne vengono quasi sempre sprecati.
- ma allora chi è il saggio?
- i saggi non esistono, signore.
- se è così non esistono neppure gli stupidi. senza la notte il giorno non esisterebbe; senza il bianco il nero non esisterebbe.
- mi spiace, signore. ho sempre pensato che ogni cosa fosse quel che è indipendentemente dall'esistenza di qualcos'altro.
- hai infilato il cazzo in troppi vasi di fiori. ma non riesci proprio a capire che OGNI COSA è giusta, che niente può andar male?
- comprendo, signore, vada come vada.
- cosa diresti se ti facessi decapitare?
- non potrei dir niente signore.
- voglio dire che se ti facessi decapitare io rimarrei il Volere e tu diventeresti il Nulla.
- diventerei qualcos'altro.
- a mio PIACIMENTO.
- a nostro piacimento, signore.
- calmati! calmati! distendi le gambe!
- molto gentile da parte sua, signore.
- no, molto gentile da parte di tutti e due. affermi di avere spesso la sensazione d'esser pazzo. cosa fai quando hai questa sensazione?
- scrivo poesie.
- la poesia coincide con la follia?
- la non-poesia è follia.
- cos'è la follia?
- la follia è l'orrore.
- cos'è l'orrore?
- qualcosa di diverso per ogni persona.
- ma l'orrore è parte di un tutto?
- è li.
- ma è parte di un tutto?
- non lo so, signore.
- dimostri d'esser saggio. cos'è la sapienza?
- conoscere meno possibile.
- come si fa?
- non lo so, signore.
- sapresti costruire un ponte?
- no, signore.
- sapresti costruire un fucile?
- no, signore.
- questi oggetti sono dei prodotti della conoscenza.
- questi oggetti sono ponti e fucili.
- ti farò decapitare.
- grazie, signore.
- perchè?
- lei rappresenta le mie motivazioni, mentre io ne ho molto poche.
- io sono la Giustizia.
- forse.
- io sono il Vincitore. ti farò torturare, ti farò urlare. ti farò desiderare la Morte.
- naturalmente, signore.
- ma non riesci a capire che io sono il tuo padrone?
- lei è il mio manipolatore ma non può farmi niente che non possa esser fatto.
- pensi d'essere astuto ma non dirai niente d'astuto tra un urlo e l'altro.
- ne dubito, signore.
- per inciso, come fai a reggere Vaughn Williams e Darius Milhaud? non hai sentito parlare dei Beatles?
- oh, signore, tutti conoscono i Beatles.
- non ti piacciono?
- non mi dispiacciono.
- c'è qualche cantante che non ti piace?
- è impossibile che esistano dei cantanti piacevoli.
- diciamo, allora, una qualche persona che tenti di cantare?
- Frank Sinatra.
- perchè?
- perchè lui evoca una società malata in groppa a una società malata.
- leggi qualche giornale?
- solo uno.
- quale?
- OPEN CITY.
- GUARDIE! CONDUCETE IMMEDIATAMENTE QUEST'UOMO NELLA CAMERA DELLA TORTURA E DATE INIZIO ALLE OPERAZIONI!
- un ultimo desiderio, signore.
- sì.
- posso portare con me il mio vaso di fiori?
- no, lo userò io!
- signore?
- volevo dire che te lo farò confiscare. guardia, conduci via quest'uomo e torna qui con, torna qui con...
- sissignore...
- una mezza dozzina d'uova e un chilo di carne trita...

Escono la guardia e il prigioniero. il re si china in avanti e fa una smorfia malvagia mentre la filodiffusione comincia a trasmettere un brano di Vaughn Williams.


Fuori, il mondo va avanti mentre un cane mangia da un bidone della spazzatura.

H. C. Bukowski - Stirkoff

lunedì 11 luglio 2011

Toni minori

Un articolo preso dal "Corriere della Sera" di qualche settimana fa: apparentemente le nuove generazioni non sono educate alla vita affettiva dei sentimenti. Da questo, una serie di problemi esistenziali, relazionali, affettivi, d'indipendenza e di dipendenza.
Mio malgrado, appartengo a questa generazione che spesso sento come "Customer Care Generetion" in opposizione alla "Generation X" da un testo di Copland, troppo americano per i miei gusti vecchia Europa; una parola posso spenderla quindi. Nessuno mi ha mai spiegato nulla in campo sentimentale. Ho imparato da solo, un po' di qua, un po' di là, spesso per vie traverse, molto in maniera esperienziale (e male). Se consideriamo il firmamento delle emozioni un universo di costellazioni, trovo che anche linguisticamente oggi si tralasciano molti astri minori. Sarà l'uniformità del "mi piace" di FB a portata di falange, sarà l'apatia generale e la stanchezza mentale che ci vietano di pensare per sistemi complessi. Ma voglio sottolineare come le sfumature d'attenzione, i clinamen sdruccioli dei toni minori, tutte questi mezzi toni rendono la tavolozza emotiva interessante, unica, preziosa, da scoprire. Toni minori: amarezza, nostalgia, malinconia, delicatezza, gentilezza, pazienza, umiltà, reticenza, pudore, imbarazzo, vaghezza, spensieratezza, costanza, simpatia, empatia, compassione, tenerezza...  Sfumature, complessità, che solo il tempo svela e frustra l'imperativo contemporaneo del tutto e subito. Coltivare relazioni sul lungo periodo, restare in contatto con persone che ci hanno accompagnato poco o molto nel nostro o loro percorso, questo può dare sensazioni impagabili, crediti di profondità con il respiro della vita.
Anni fa, nel periodo ruggente, tornati stanchi ed affamati da un viaggio pericoloso oltre i confini dell'Europa, intenti a bere un caffè finalmente decente nel cielo di Roma, con un amico ci trovammo a contare tutte le persone che avevamo incontrato durante gli ultimi dodici mesi: ne risultarono diverse centinaia. Di quanti di loro sono ancora in contatto oggi, ne posso contare i nomi su poche dita di una mano. Colpa mia, sicuramente, il bello della vita inattesa, l'angolo di strada che cela nuovi incroci, troppi indirizzi cambiati. Ma ho sempre mantenuto lo stesso numero di telefono e ho conservato gran parte degli indirizzi mail che si sono susseguiti nel tempo.
Toni minori, emozioni complesse, tempo, sfilacciamento dei contatti. Eppure siamo animali sociali, dipendiamo gli uni dagli altri, le facce che ci sono attorno non sono solo delle risorse necessarie, ma vite pulsanti, orizzonti sconosciuti, chiaroscuri misteriosi ed affascinanti. L'effimero che si tramuta in discorso, un pensiero laterale che sfocia nel centro, la periferia che assume contorni di verità alternativa e pregnante. Trovo che quello che è posto sotto i riflettori intorno a me, ha il sapore di poco, in confronto a questa armonia sottesa.
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