mercoledì 23 marzo 2011

Tempo che fugge

Sono passati ormai più di quattro anni dal giorno che all'aeroporto di Heathrow, durante lo scalo da Malpensa in direzione Montreal, mi resi conto, quasi d'improvviso, che la mia Vita prendeva una direzione ben precisa. O almeno così mi pareva in quel momento. Poi, da quel giorno ad oggi, sono successe tante cose, alcune abbastanza ordinarie, altre un po' meno. Visi che sono spariti dalla mia vita - e non solo per la lontananza - altri che sono apparsi, altri ancora che sono passati nel mio presente e subito erano già altrove. 
Ho una memoria discreta: ricordo molto, non tutto, ma molte cose sia prima di quella data all'aeroporto - e tutto il sussulto d'emozioni che si agitava dentro - sia (quasi) tutto quello che mi è capitato di vivere fino a questa notte. Ci sono poi sensazioni che sono ricorrenti: il cielo agitato di Amman, il profilo della città di Tiblisi quando si fa sera, intravisto dalla finestra della guest house dove alloggiavo, la sera in cui andammo al Nikala a bere vino, il rumore del fango sotto i miei scarponi, all'alba, nelle vigne del Saint Emilian, la gioia dei giorni di viaggio in autostop, il silenzio delle navi a notte alta. Aeroporti, alberghi, capitali, tutto questo è arrivato dopo. All'inizio c'era il vento, i pianti alla fine delle vacanze, il sudore delle corse nei prati, le ricreazioni ad arrampicarsi sugli alberi e camminare sul muro di cinta del convitto.
Se penso a chi c'era ed a chi c'è ora, mi vengono i brividi. Ma il discorso non vale, perchè sono io che sono sempre partito, da qualsiasi parte me ne sono andato. Sempre. E raramente sono tornato. Ed, in fondo, ho ancora voglia di ripartire e lasciar perdere tutto quel poco o nulla che ho sempre costruito e riportarmi a quota zero. Ancora una volta. O forse no.

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