mercoledì 18 maggio 2011

Ambivalenze

"Potremmo definirla ambiguità, o zona grigia - dal famoso saggio di Levi - o ancora più tecnicamente polisemia, o equivocità (brutta parola all'orecchio!). Ambivalenza, o meglio al plurale ambivalenze, giusto per complicare ulteriormente, sembra quasi non avere connotati negativi, cosa che invece hanno tutti i suoi sinonimi, più o meno, senza scadere nel tecnicismo lessicale, dove allora il politically correct la fa da padroni e si dimentica pure di avere un sesso, un corpo e il mal di pancia, se si mangia troppo. Ne prendi uno e ne paghi due, di sensi, di sensazioni, di significati, di guai, soprattutto di guai. Non se ne può mai fare a meno. Eppure non me ne posso privare, ho bisogno di questo strabismo, di questo punto d'incontro, di questo ying e yang, della ruota che gira. - La coerenza... - mi dicevano, ma non mi hanno mai spiegato tutto il resto, la capacità di giudizio, l'accusa e la difesa, il processo dialettico, Dante e Boccaccio, la legge del pendolo. E neppure Vita-Morte, luce-tenebre, angeli-demoni, alto-basso, Sole-Luna.... Non ne posso fare a meno, ho bisogno di fango, di contaminazione, dell'eccesso che diviene minoranza, dell'ombra luminosa, dell'arcobaleno quando piove. Uno, nessuno, centomila, contrario alla rigidità del digitale, all'ipotesi pop della serigrafia, al colpo di coda positivista dell'ipertecnologizzazione. Ho ancora attenzione per il bisbiglio, il silenzio, il delirio. Ho bisogno della variante inclusiva, che non sottrae la contraddizione, ma la mantiene necessariamente nel processo dinamico, ho bisogno del contraddittorio politico che fondi un nuovo punto di vista, nel tempo, nell'azione, nel sangue e nella testa dell'uomo qualunque.  Non mi fido delle posizioni assolute, diventano spesso il contrario, delle certezze forti, mi sembrano ostentazione di debolezza, la luce abbagliante non ci fa vedere.... Che resta - allora - di tutto quanto?
Una luce ancora accesa all'alba, un tavolaccio unto, qualche cosa da bere per giocare l'insonnia, ancora qualche minuto per guardarci e poi il treno parte, o l'aereo volerà, o qualcuno, a bordo strada, pur si fermerà e tra partire e lasciare ancora non lo so che fare, ma sono qua...."
[Monologo per un sordo]

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