domenica 6 febbraio 2011

Nord


Ci sono dei momenti dove quasi mi scordo di essere "altrove", altri dove la violenza degli elementi non mi lascia alcuna chance di pensarmi a casa. Sabato sera, debbo raggiungere degli amici in un ristorante portoghese in centro. Ho consigliato io il posto, ambiente famigliare, uno dei migliori polli alla brace della città, servizio frizzante e preciso. Impermeabile, scarpe da ginnastica isolate, siamo leggermente sotto zero, quindi a queste latitudini non è freddo. Entro nell'autobus che nevischia appena. Esco dalla metropolitana in centro ed è scoppiata la tormenta. La neve cade fitta, silenziosa, farinosa. Mezzo isolato e sono ricoperto di bianco, le mani intirizzite che litigano con i bottoni dell’impermeabile e subito rinunciano ad evitare di tenere al riparo il maglione. Il vento fa il resto: acceca e fa vacillare i passi, già esitanti nella coltre nevosa che velocemente si accumula sui marciapiedi semi deserti. Non fa freddo. A parte il fastidio dei fiocchi che si sciolgono nel colletto, si respira bene, l'aria è pura, cristallina, leggera. Un senso di euforia e gioia m'invade, mi sento parte di qualche cosa vivente, silenzioso, la notte vive, il traffico è più lento, continuo, sotto il cappuccio intravedi i sorrisi dei giovani ed anche la lentezza degli anziani ha un qualche cosa di gaio, pur se faticoso. 
C'è qualche cosa di austero e affilato nel Nord. Il gelo siderale sconfigge il movimento, la neve copiosa attutisce ogni suono, le molteplici tonalità di bianco elidono ogni altro cromatismo. Solitudine e silenzio, letargo, lo sforzo continuo di sentirsi vivi, la crudeltà del freddo, l'inumanità dell'ambiente inospitale. Silenzio, silenzio di stasi, raccoglimento, intimità, congelamento, ipotermia, purezza e freddo. Poesia nuda, senza aggettivi né avverbi, scheletrica come le trame nere dei tronchi, essenziale, rarefatta, scintillante, come le stelle nel cielo nero di cristallo. Il Nord sconfigge, segna la pelle e il viso, eppure esalta la sensazione primordiale della sopravvivenza, dell'essenzialità, una solidarietà colma di silenzio, di presenza, di condivisione di un presente inospitale. Il Nord è anche attenzione ad ogni gesto, contemplazione nella solitudine, esperienza di dialogo intimo, contatto con il proprio respiro e sofferenza nello sforzo, economia d'energia.
Anche per questo a primavera, le terrazze saranno invase al primo sole, le ragazze porteranno gonne corte, si leveranno in brindisi i boccali ed i bicchieri e l'eccitazione del primo tepore inonderà i parchi cittadini ed i locali di ritrovo. Una tensione si attenua, come il ricordo di un sogno intenso la mattina, ma di cui sentiamo depositarsi nel profondo, come assopito, la sensazione netta della sua gelida presenza.

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