sabato 7 maggio 2005

Frammenti

Chiunque abbia letto gli appunti sul teatro di Jean Genet o alcuni libri di Yukio Mishima o, ancora, ascoltato certi frammenti bruitistici si sarà scontrato con una marginalità guizzante ed impalpabile della manifestazione artistica che brucia sè stessa nel compimento della propria espressione. La classicità del perdurare dell'opera d'arte è scardinata dalle fondamenta per lasciare il posto ad una memoria dell'evento e dell'intensità del momento irriproducibile, senza nuova interpretazione, nella sua originalità. Questa intensità cosmogonica scemerà nel tempo, se non si rinnovasse incontrando la mente ed il gesto a cui aderire e vivificarsi di nuovi impulsi e rinascere come incendio dalla favilla. Estremamente connessa al moderno ed ancor più al post-moderno, questa nicchia di tendenza risulta muta ai più. Chiaro scollamento tra rappresentazione estetica e com-prensione.
Walter Benjamin, nella sua frammentarietà essenziale, ha sottolineato la caratteristica contro il continuum nell'immagine del tempo frammentato in istanti verticali e compiuti nella loro intensità, ma slegati tra loro come fermate del metro, pozze di luce e reale in un traballante oscuro migrare senza progresso, senza apparente uscita. Echi di questa verticalità trapelano tra istante ed istante consentendoci impercettibilmente di poter dimenticare, raccontare, interpretare. Se i nostri sforzi ermeneutici fossero solo la memoria di superfici di pozzanghere che riflettono un cielo tempestoso in continuo movimento?
E' nella tridimensionalità del pensiero che si coglie la peculiare essenza dell'esperire e del saper comunicare.

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