domenica 29 maggio 2005

Visione

In rilievo nella trama di immagini che ci circondano,sembrano più gioiosi e vitali, il colore, la fantasia, la melanconia, la tristezza o la disperazione di coloro che hanno provato riuscendo a fallire, perché si sono bruciati nelle illusioni incarnate della propria vita.
Il mondo intorno a noi appare organicamente studiato per succhiare le energie attraverso l'altisonante follia della proposizione di un senso, senza il quale tutto appare vano e in cui la ricerca di un "senso altro" sembrano non essere sufficienti per articolare vite ed esistenze insieme al loro povero immenso potenziale. Non vogliamo tessere le lodi di quella già folta schiera di guitti, di menestrelli e nani, che hanno così facilmente la verità a fior di labbra, ma mangiano al trogolo della corte e di loro sono coscienza e catarsi. Vogliamo dare spazio a K., al diseredato, al brigante, al folle ramingo che sta al di fuori del Castello e vaga nelle lande deserte, fronteggiando i rigori delle foreste e le calure dei deserti. Vogliamo guardare negli occhi dell’assassino che riconosce il proprio esilio nel suo gesto, o dell’apostata che rinnega sé stesso nell’abiurare la sua fede. Vogliamo tracciare un profilo al traditore, al suicida, al perverso per necessità, allo scarto d’umanità, all’uxoricida, al figlio parricida per indipendenza, a tutti coloro che seguono un istinto innato e ci scommettono sopra l’intera loro esistenza, per scelta, per destino. Vogliamo calpestare l’ombra di chi arriva fino in fondo, che sa inorridire, ma riscatta con sé stesso l’intero gesto di follia dell’umanità. Il folle, l’assurdo, il mentecatto, colui che ride follemente nei sanatori, colui che corre nella notte, chi sa saltare nel buio, nell’istante stesso dell’azione. Non ci interessano, per il momento, ciò che succede poi, le conseguenze etiche e le responsabilità politiche, vogliamo lo slancio sovrumano della decisione contro ogni logica, vogliamo chi scommette tutto sullo zero della roulette, quando, lasciata la posta, scruta l’irreale atto, estraneo persino a sé stesso, strappato dall’insieme della sua razza, tremendamente solo, perché lacerato, ma sulla strada più diretta, ed anche la più improbabile, di toccare con mano un anonimo senso, una qualunque vittoria, un qualsiasi bottino. Silenzio. Non basta un dio, una fede, uno di quei valori che si propinano al bambino e che ci vuole una vita - si dice - per apprezzarne a pieno la grandezza; non basta un'anima trionfante su ogni comfort o su ogni tentativo di acquietamento facile; servono uomini e donne - con una dinamo in mezzo alle gambe - che sappiano danzare sulle ceneri delle città, per l'incontenibile bellezza che ogni inizio presuppone, che sappiano rischiare nel gioco infinito della giornata, che sappiano morire e vivere ogni giorno per la possibilità di esistenza e per necessità di esistere, che sappiano ferinamente percorrere, con disprezzo di sacrifici e comfort, la strada della sperimentazione di nuove vite, nella ricerca di sé stessa, nella tensione tutta verticale per il non assodato, il discontinuo, il sincopato dal respiro terrigno.

1 commento:

  1. Caro il mio Gorgia lacustre ti auguro di tracciare il tuo percorso come stella fulminea, come amante furibondo, come infaticabile chierico vagante. Ti auguro di manifestare sempre ciò che sei immune alle mille sirene che sempre hanno minato il tuo cammino, perchè quello che cerchi è assoluto e puro. Un bacio caldo e tenero.

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